La digitalizzazione e l’ampia diffusione delle tecnologie digitali hanno rivoluzionato le nostre vite: le persone sono sempre più connesse e ormai ogni dispositivo utilizzato quotidianamente dalla maggior parte della popolazione ha bisogno di essere programmato. E proprio per questo motivo, il lavoro dei programmatori che si occupano di fare tutto questo aumenta di giorno in giorno, così come aumenta anche la richiesta di gente specializzata e preparata in questo ambito.
Come imparare a programmare?
Per chi parte da zero, c’è l’imbarazzo della scelta: facendo una semplice ricerca su internet si trova di tutto e di più. Ma per chi non sa ancora destreggiarsi e non ha alcuna idea di dove andare a cercare le giuste fonti per apprendere le conoscenze necessarie è consigliabile seguire, ad esempio, un corso di formazione intensivo aulab che, grazie all’Hackademy, permette di formare in soli tre mesi una base solida dalla quale partire per iniziare a lavorare in ambito tech.
Un’alternativa sicuramente valida, ma che richiede più tempo, è conseguire una laurea in informatica o in ingegneria informatica.
Perché tutti possono imparare a programmare?
Una cosa dev’essere chiara: chiunque, senza distinzioni di razza, sesso, età, orientamento sessuale e religioso può imparare a programmare. Non servono particolari qualità, ma servono dedizione, impegno, curiosità e voglia di imparare e studiare. Per diventare un programmatore e lavorare, bisogna continuamente tenersi aggiornati sui cambiamenti dei linguaggi di programmazione e su tanto altro ancora: non bisogna mai smettere di imparare!
Apprendere delle basi di programmazione, però, non è utile solo a chi fa il programmatore di mestiere. Infatti, avere anche solo delle conoscenze generali può aiutare in diversi modi chiunque non sia un programmatore di mestiere. Ecco alcuni semplici esempi:
- si acquisisce una maggiore autonomia nel lavoro, perché si riesce a risolvere piccoli problemi senza dover ricorrere per ogni questione ad un programmatore – che deve comunque essere consultato per problematiche più difficili;
- cambia modo di pensare, si pone più attenzione ai dettagli, si cerca la strada più semplice e veloce per ogni tipo di problema, per evitare di fare errori facilmente evitabili;
- migliora la capacità di collaborare con team tecnici, in quanto si hanno delle conoscenze anche basilari che permettono di saper interagire anche con specialisti di un settore diverso dal proprio;
- si aprono nuove strade e nuove possibilità lavorative, saper programmare, infatti, a volte dà la possibilità di aumentare i propri incarichi nel luogo in cui già si lavora o addirittura permette di trovare nuovi percorsi lavorativi.
Quali sono i possibili sbocchi lavorativi?
Data la vastità dell’impiego della programmazione, al giorno d’oggi, solitamente, molti programmatori decidono di dedicarsi ad una particolare nicchia. Alcuni si dedicano alla creazione di programmi specifici come applicazioni mobili, giochi, software di progettazione grafica o di contabilità.
Per chi invece ha già un lavoro diverso da quello del programmatore, la conoscenza delle basi della programmazione può comunque risultare utile.
Per chi cerca un lavoro diverso da quello del programmatore, poter inserire nel proprio curriculum che si hanno delle conoscenze nel campo della programmazione può fare la differenza, e avere delle qualità in più rispetto agli altri può aumentare la probabilità di essere assunti.
Perché imparare a programmare?
Lavorando in questo ambito si acquisiscono abilità, che vanno ben oltre il semplice utilizzo di un computer, di elaboratori di testo e fogli di calcolo, e che possono essere applicate alla vita di tutti i giorni. Il pensiero computazionale è l’estensione dell’intelletto umano attraverso un calcolatore. Chi programma può sviluppare una spiccata attitudine alla risoluzione di problemi più o meno complessi.
Per questo motivo, sarebbe davvero utile insegnare anche ai bambini, attraverso giochi interattivi, i linguaggi di programmazione, in modo tale da sviluppare in loro creatività, logica e capacità risolutive.